Brevi note su accordo quadro

BREVI NOTE SULL’ACCORDO QUADRO

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Di Stefano Briotti

Art. 59 D.lgs. N.163/2006; Direttive 2004/18/CE e 2014/24/UE; art. 54 D.lgs. n. 50/2016.

L’art. 59 del Codice degli appalti anno 2006 aveva introdotto l’istituto dell’accordo quadro[1] nei settori ordinari. Esso consisteva (e consiste tuttora), appunto, in un accordo concluso tra una o più stazioni appaltanti ed una o più appaltatrici (rectius: operatori economici) con lo scopo di stabilire preventivamente le condizioni (ad esempio prezzi, qualità o quantità) relative ad una serie di prestazioni da erogare in un determinato periodo di tempo.

L’utilità per la stazione appaltante era quella di avere la previsione economica già definita per future prestazioni che le fossero necessarie e, soprattutto, la conoscenza di quali potessero essere gli appaltatori previamente selezionati.

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Il raggio di utilizzo è ampio. Per ciò che ci interessa maggiormente, cioè i lavori pubblici, possiamo precisare che l’art. 59 limitava ai soli lavori di manutenzione l’applicazione dell’accordo quadro (escludendola per l’ambito della progettazione e delle prestazioni di natura intellettuale).

Nel primo caso la caratteristica principale dell’accordo quadro è l’aleatorietà.

E’, infatti, determinante che le indicazioni offerte dalla stazione appaltante nel capitolato siano riferite ad esigenze presunte, sebbene programmate.

Si prenda, ad esempio, l’attività di manutenzione nei plessi scolastici. E’ possibile che in un lasso di tempo, in ipotesi semestrale, si renda necessario procedere alla pitturazione di un aula o, viceversa, di più aule. Ne scaturisce che la produzione sperata può non essere raggiunta ovvero può essere superata (sempre pur contenuta nel limite di importo cristallizzato nell’accordo).

E’ evidente, quindi, che tale tipo di accordo convenga (sempre nell’ambito dei lavori pubblici poiché nel ramo delle mere forniture le prospettive sono diverse) solo ad imprenditori che operino già nell’area di intervento, cosicché nei tempi “morti” l’organizzazione produttiva possa essere comunque impiegata.

Alcuni Autori, invero, sostengono che le stazioni appaltanti debbano indicare nell’informativa di gara:

1)      L’importo complessivo a base di gara; 2) il valore dei singoli contratti; 3) la frequenza con la quale la stazione appaltante procederà all’aggiudicazione dei contratti stessi (all.IXA al Codice); 4) la durata dell’accordo quadro (non superiore a 4 anni salve eccezioni)

E’ da sottolineare, tuttavia, che alcuni Autori (es. De Peppo, Art.59, in La disciplina dei contratti pubblici, Ipsoa 2007) sostengono che tali indicazioni, seppure offerte dalla stazione appaltante, non costituiscano elementi vincolanti.

Al pari si ipotizza che non vi sia alcun diritto alla conclusione dei singoli contratti da parte degli operatori economici. A mio parere, invece, essi devono obbligatoriamente esserlo - almeno in una misura atta ad evitare l’applicabilità degli artt. 1467 e ss. C.C. - altrimenti si avrebbe un’alea contrattuale la cui misura sarebbe affidata ad libitum alla stazione appaltante, cioè alla sua totale discrezionalità, con risvolti di violazione palese dei principi che permeano l’ordinamento civilistico.

In questa sede si sorvola sulla disputa squisitamente dottrinale scaturita dalla questione. Occorre, tuttavia, considerare che esiste un precedente, proprio relativo alla manutenzione, all’art. 154 del D.P.R. n.554/1999, dove al comma secondo si definisce a contratto aperto l’appalto in cui la prestazione è pattuita con riferimento ad un determinato arco di tempo, per interventi non predeterminati nel numero, ma resi necessari secondo le necessità della stazione appaltante che le doveva (l’articolo non è stato confermato nel nuovo regolamento del 2010 in quanto assorbito nell’accordo quadro) esprimere con “ordini di intervento”.

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L’aggiudicazione si differenzia a seconda che: A) sia verso un solo operatore; B) o verso più operatori; o, ancora, 1) se siano state prefissate tutte le condizioni 2) o solo in parte.

A)    1): Tale ipotesi rispecchia la prassi più diffusa. Non incontra difficoltà particolari. Gli appalti risultano essere già prefissati in una sorta di contratto preliminare.

A)    2): In questo caso l’operatore sarà chiamato dalla stazione appaltante al fine di completare le condizioni di offerta; in realtà, a tutela della par condicio tra gli offerenti, si tratterrà di variazioni quantitativi o di importanza marginale, non certo sul prezzo. Di contrario avviso l’AVCP che afferma la necessità di completezza in ordine alle quantità (AVCP, Del. n.45 del 24 aprile 2011) salvo che l’accordo non coinvolga più operatori.

B)    1): Non è necessario un nuovo confronto. Viene elaborato un ordine di priorità, privilegiando poi il criterio della rotazione.

B)    2): La fattispecie comporta che il confronto viene riattivato sulle basi note ma con le integrazioni necessarie. Si applica il cosiddetto criterio “a cascata”; si passa cioè all’operatore successivo se il primo non sia capace o interessato all’esecuzione della commessa.

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Il Codice riformato nel 2016, art. 54, non apporta modifiche rilevanti alla disciplina relativa alle modalità bensì all’ambito di applicazione. Degno di nota, infatti, è che l’istituto, viene a perdere il limite dei lavori di manutenzione, estendendosi a tutti i lavori ordinari.

 

Bibliografia:

1) D. Spinelli, Contratti Pubblici, Il Sole 24 Ore, ed. II.

2)  Garofoli-Giulia Ferrari, Codice degli appalti pubblici, Nel diritto editore, Vi edizione.

3) S. Baccarini-G. Chinè-R. Prietti, Codice dell’appalto pubblico, Giuffré editore, ed. II.

4) C. Contessa – D. Crocco, Codice degli appalti commentato, DEI.

5) C. Franchini (a cura di), I contratti di appalto pubblico, UTET.

6) Centofanti, Codice dei contratti pubblici, CELT.

7) De Peppo, Art.59, in La disciplina dei contratti pubblici, Ipsoa 2007.

 

 


[1] In realtà le origini risalgono alla direttiva 90/53/CE elaborata sulla tipologia di contratti detti ‘contract cadre’.